Partiamo dal presupposto che so perfettamente di rivolgermi ad un pubblico che di serie TV ne sa da qui all’infinito e che, molto probabilmente, non sto suggerendo nulla di nuovo; ma io ci provo lo stesso, per quel qualcuno che, come me, non ha ancora avuto a che fare con la serie che sto per recensirvi. Anche per quest’anno, la stagione di Black Mirror è andata. Come al solito, si rivela una serie grandiosa e, quando finisce, il vuoto che lascia dietro di sé è grande. Per questo motivo, ancora sommersa dalla travolgente onda di sensazioni che Black Mirror mi ha lasciato, decido di cercare qualcosa che le assomigli, anche solo lontanamente: mi imbatto così in Dark Net, una serie americana che può essere considerata tale fino ad un certo punto, in quanto consiste per lo più in brevi documentari che trattano un argomento comune, ovvero quella parte del web che a noi poveri mortali ignoranti in materia informatica è preclusa – e meno male, dico io, dato l’utilizzo che solitamente gli utenti ne fanno.
Il dark net, per chi non ne fosse al corrente, è un sottoinsieme del deep web, finalizzato per lo più per commettere azioni illegali, quali vendita di droga, armi, alle volta addirittura organi e, per la serie ‘il peggio del peggio’, è il mezzo più utilizzato per diffondere e procurarsi materiale pedopornografico. Insomma, non si può sicuramente definire l’area più rosea e gioconda di internet.
Dark Net, quindi, si occupa proprio di descrivere le varie circostanze per cui un utente si ritrova ad avere a che fare con questa parte nascosta del web, e non solo: troviamo coloro che sono soliti ad avere pratiche sessuali e relazionali non esattamente appartenenti alla norma (la prima puntata, infatti, tratta di una coppia BDSM, di un ragazzo giapponese che intrattiene una relazione virtuale tramite LovePlus e di una ragazza vittima del revenge porn), chi si occupa di cercare di limitare il materiale pedopornografico purtroppo dilagante in questa zona del web, chi, tramite la tecnologia, è stato in grado di recuperare facoltà corporee perse in un incidente o a causa di una malattia, chi è affetto da ipersensibilità elettromagnetica e quindi costretto a vivere pressoché isolato dal resto del mondo, e via così discorrendo.
L’episodio che mi ha sicuramente colpito più di tutti è proprio quello dedicato a quella massa di ‘persone’ mentalmente deviate, conosciute comunemente come pedofili.
Il dark net, come dicevo, purtroppo ne è pieno zeppo. La puntata presenta varie tipologie di persone che hanno qualcosa a che vedere con questo argomento: mette in scena il pedofilo vero e proprio, che tenta di spiegarci come i suoi istinti malati si siano manifestati durante il periodo dell’adolescenza, alla tenerà età di quindici anni, c’è lo psicologo che tenta di capire il livello di pericolosità dell’individuo affetto da questo problema, tramite alcune simulazioni virtuali e, infine, ci viene raccontata la tragica condizione di alcuni (che saranno sempre troppi) bambini delle Filippine, costretti a spogliarsi di fronte alla webcam, al fine di recuperare quei soldi che gli sono necessari per sopravvivere. La cosa più sconcertante di questa situazione, che mi pare già orribile di per sé, è che in molti casi i genitori sono complici e costringono i figli a commettere questo genere di barbarie per denaro.
È chiaro che il deep web – e di conseguenza la sua sezione oscura – non sia esattamente il luogo più sicuro dove navigare; certo, i suoi contenuti contemplano anche delle finalità positive: viene utilizzato per esempio dai giornalisti, per poter comunicare anonimamente con le loro fonti, oppure come mezzo per prevenire pericoli internazionali e molto altro ancora. Ma da che ha scoperto il fuoco, l’essere umano ha questa strana tendenza ad usare nel peggior modo possibile mezzi che, al contrario, se utilizzati con cognizione di causa a fini eticamente corretti, potrebbero cambiare radicalmente il mondo in meglio. Purtroppo, non è così.