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Castle | Recensione 6×17 – In the Belly of the Beast

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Castle | Recensione 6×17 – In the Belly of the Beast

Ci sono due momenti fondamentali o meglio due tappe obbligatorie da percorrere per ogni poliziotto/agente/Badass donna che si rispetti: 1) Uscire da una piscina 2) Andare sotto copertura in una missione ad alto rischio. Kate Beckett ha portato a termine entrambi i compiti ma è stato il secondo atto a riportare alla serie quel magnifico clima di tensione che si respira in questi casi e a spingere me a guardare l’episodio in piedi sulla sedia. Torna in Castle la coppia Marlowe/Bowman, torna quell’incredibile e inimitabile sensazione di riuscire a leggere i pensieri e le emozioni dei personaggi tramite i loro sguardi, le inquadrature, le musiche e quel magnifico gioco di luci ed ombre che attraversa e riempie le scene diventando protagonista assoluto. In un episodio che avrebbe meritato senza dubbio una seconda parte, “Castle” rimette in gioco una seconda storyline più seria rispetto allo stile classico, riportando in scena una Kate Beckett che personalmente mi mancava da morire

Due su Tre

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La chiave di lettura di questo episodio risiede perfettamente nelle parole di Esposito, le parole di un amico ma soprattutto di un collega che ha conosciuto Beckett e quel lato di sé stessa che da tanto, troppo tempo,  sembrava assopito. Kate viveva la sua vita ultimamente con ordinaria tranquillità, godendosi una serenità meritata insieme a Castle ma lasciandosi dietro in questo modo quella persona che era stata e che alla fine farà sempre parte di lei. Lontana dai preparativi del matrimonio e dalla quotidianità, Kate torna ad essere il detective Beckett e anche di più, torna ad essere una donna che non si tira indietro, che affronta ogni pericolo a viso aperto, che improvvisa, che pensa alla mossa successiva prima ancora di aver concluso quella che aveva intrapreso e che anche quando crede di non avere vie d’uscita, resta ancorata al suo orgoglio e alla caparbietà di non arrendersi mai.

La giornata era cominciata nel migliore dei modi, come sempre in fondo, perché la storia del presentimento di un’incombente tragedia non ha mai retto per me, i momenti più duri avvengono quando non li vedi arrivare. Durante la sua unica giornata libera probabilmente da quando è entrata in polizia, a Kate viene chiesto di impersonare Helena, un corriere della droga, per inserirsi in un nuovo cartello di narcotrafficanti guidati dalla figura fantasma di “Lazarus”. Alla fine l’abilità di saper parlare il russo le si è rivoltata contro!

Senza paracadute, senza certezze e senza Castle, Kate si tuffa a capofitto in una missione di cui ben presto scoprirà di non conoscere neanche una parte di quei dettagli indispensabili per il suo obiettivo principale: restare viva. Ma la vera rivelazione è stato vedere quanto facile fosse riconoscere Beckett in quel ruolo, nella fierezza, nel coraggio, nella determinazione e nella spietata freddezza di una donna che scopre sulla sua pelle di dover diventare un sicario senza scrupoli anziché la vittima di un circolo vizioso.

Beckett abbraccia la sua missione perché non può fare altrimenti ma anche perché quello è il suo mondo e per quanto lo si voglia negare, l’individualità, l’indipendenza e l’autonomia le stanno ancora troppo bene. Beckett impara a conoscere Helena e la realtà in cui era inserita ma decide di giocare secondo le sue regole ottenendo tutte le informazioni che la sua copertura riusciva a fornirle. Con immediata astuzia, Kate riesce a conquistare la fiducia di coloro che l’avevano ingaggiata e a sua volta chiede, anzi pretende di incontrare la persona a capo di tutto.

La scena in cui Beckett cammina per i corridoi e attraversa diverse stanze per raggiungere il fantomatico Lazarus è emblematica e significativa perché diventa per lei una sorta di percorso personale verso una risposta importante, verso la risoluzione di un dubbio ma allo stesso tempo si trasforma anche in un confronto dagli esiti sconosciuti. Più Beckett si avvicinava a Lazarus, più si avvertiva la consapevolezza di conoscerlo già, anche se forse tutti noi in fondo eravamo certi di dover vedere un altro volto fuori da quell’ombra. Ma la voce è ancora oggi inconfondibile e dalle prime parole eravamo certi che la copertura di Beckett sarebbe saltata in pochi attimi perché dall’altra parte della stanza, a capo del traffico di droga e di soldi, c’era Vulcan Simmons.

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È incredibile notare come dopo tutto questo tempo, Kate si ritrova lì, nella stessa lotta che portava avanti sua madre contro lo stesso uomo ed è proprio nel ricordo di sua madre che Beckett non piega la testa neanche di fronte alla tortura e affronta qualsiasi conseguenza ne derivi.

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Ma qualcuno, più in alto di Simmons, aveva un debito da pagare con Beckett e con estremo tempismo la vera Helena si mostra e le salva la vita, pareggiando il conto per il vero Lazarus, ancora lì fuori, da qualche parte, alla luce del sole.

Di ritorno al distretto, Kate è libera di tornare a quella vita che le ha permesso di sopravvivere in missione…

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…ma il suo pensiero torna a quel salvatore che tutto sembra tranne che un angelo custode mentre dall’altra parte di uno schermo il senatore Bracken rivela la sua candidatura alla presidenza degli Stati Uniti grazie ad un nuovo e proficuo fondo monetario.

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Occasionale inquilina del TARDIS e abitante in pianta stabile di un Diner americano che viaggia nel tempo e nello spazio, oscilla con regolarità tra Stati Uniti e Gran Bretagna, eternamente leale alla sua regina Victoria e parte integrante della comunità di Chicago, tra vigili del fuoco (#51), squadre speciali di polizia e staff ospedalieri. Difensore degli eroi nell’ombra e dei personaggi incompresi e detestati dalla maggioranza, appassionata di ship destinate ad affondare e comandante di un esercito di Brotp da proteggere a costo della vita, è pronta a guidare la Resistenza contro i totalitarismi in questo universo e in quelli paralleli (anche se innamorata del nemico …), tra un volo a National City e una missione sullo Zephyr One. Accumulatrice seriale di episodi arretrati, cacciatrice di pilot e archeologa del Whedonverse, scrive sempre e con passione ma meglio quando l’ispirazione colpisce davvero (seppure la sua Musa somigli troppo a Jessica Jones quindi non è facile trovarla di buon umore). Pusher ufficiale di serie tv, stalker innocua all’occorrenza, se la cercate, la trovate quasi certamente al Molly’s mentre cerca di convertire la gente al Colemanismo.

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