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Castle | Recensione 6×16 – Room 147

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Castle | Recensione 6×16 – Room 147

Esperienza curiosa questa settimana con “Castle” perché sembra quasi che mi abbia letto nel pensiero! “Room 147” infatti si incontra perfettamente con ciò che ho imparato ultimamente ossia che il binomio mente-cervello rappresenta una delle realtà più enigmatiche e misteriose con cui l’uomo cerca di rapportarsi da tempo senza ottenere risultati soddisfacenti. Il neo acquisto nel team degli sceneggiatori alla corte di sua Maestà Andrew “Rilakkuma” Marlowe ci mostra quanto pericoloso possa essere creder di poter manipolare la mente umana, in una storia divertente e originale degna delle prime stagioni.

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Prendi 3 e paga 1

La pazienza del detective Beckett ha un limite e come abbiamo notato tante volte, la nostra Kate non ama non riuscire a capire le cose, soprattutto quando tutto intorno a lei sembra divertirsi a prenderla in giro, assistendo con piacere alle sue indagini che procedono come in partita di ping-pong. In realtà Beckett, come ogni grande detective, è una persona molto metodica, ordinata, razionale e prima di intraprendere una nuova strada deve prima essere certa di aver chiuso con quella precedente. Immaginatela ora invece di fronte a tre porte completamente spalancate che la invitano a scoprire la verità ma soprattutto la sfidano a capire dietro quale delle tre storie davvero si nasconda.

Partiamo dall’inizio. C’è stato un omicidio. “Ma va?” mi direte, “non siamo mica qui a scegliere le damigelle d’onore per il matrimonio!”, e questi sono i dettagli: la scena del crimine è la stanza 147 di un hotel, la vittima, un attore dalle grandi speranze, giace sul pavimento con un singolo colpo d’arma da fuoco sparato al petto mentre una sedia e una bottiglietta d’acqua vengono ritrovate per terra affianco al corpo.

Neanche il tempo di cominciare le indagini o di far nascere in Castle qualche teoria strampalata sul caso e al distretto viene convocata una donna, Anita Miller, che non appena vede Beckett nella stanza interrogatori, confessa apertamente l’omicidio. Va bene che è bravissima nel suo lavoro ma questo sembra troppo anche per lei! Ad ogni modo si suppone che una confessione sia quasi sempre veritiera, soprattutto se arricchita da dettagli realistici, e se per una volta le indagini sembrano voler procedere con linearità chi siamo noi per impedire il corso degli eventi? C’è soltanto un unico insignificante problema: la donna ha un alibi di ferro e una memoria piuttosto labile! STRIKE 1

Ma sapete come si dice, “colpevole fino a prova contraria” (beh in realtà è “innocente fino a prova contraria” ma anche colpevole ci sta bene!) e come dice Beckett, Anita resta comunque l’unica sospettata. E questa quindi se l’è chiamata!

Passano pochi secondi e al distretto arriva Sam con un peso sulla coscienza: aver ucciso la vittima, Justin Marquette. Beckett pensa subito a una finta confessione ma i dettagli sono esattamente quelli dell’omicidio, gli stessi ripetuti da Anita Miller, così Kate pensa ad una furba alleanza tra sospettati ma i due non hanno assolutamente niente in comune e allora Beckett non sa più cosa pensare! E con grande delusione del team, neanche Castle! STRIKE 2

Più confusi di quanto lo siano i due sospettati, Beckett e Castle cercano di trovare un senso all’ironia della sorte ma non hanno neanche il tempo di formulare un pensiero coerente perché al Dodicesimo si presenta un certo Dwight per rivelare a tutti loro una sconvolgente verità, indovinate quale? Ebbene si, ha ucciso lui Justin Marquette! Ma se l’aveste visto in faccia, vi rendereste conto a questo punto non ci avrebbe creduto più nessuno perché la situazione cominciava a diventare prettamente comica. STRIKE 3, eliminati!

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Per fortuna Ryan inizia a fare luce sulla situazione trovando un punto d’incontro tra le tre confessioni paradossali ed evitando così che il detective che si occupa delle indagini uccida i tre sospettati, mentre Castle si lascia coinvolgere totalmente dalla storia.

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Tutti loro infatti ricordano vagamente di aver visto o incontrato un alto uomo calvo prima del black-out della memoria che copre le loro ultime due settimane. Inoltre il simbolo della triscele sembra accompagnare i loro ricordi ed escludendo la possibilità di un nuovo Potere del Trio, questi particolari devono inevitabilmente condurre ad una spiegazione che abbia un minimo di senso. La chiave sta effettivamente nel simbolo che rappresenta il logo di una clinica/setta/gruppo di ciarlatani pseudo-scientifica guidata da una sorta di guru convinto di poter aiutare le persone ad affrontare e superare i loro problemi tramite inutili e dannosi giochi psichici che lui chiama trattamenti. La verità, si ce n’è sempre una, è che con il cervello non si gioca e il Dottor Truffa aveva mostrato ai tre sfortunati malcapitati di turno, mentre erano sotto l’effetto di alcune droghe, il video in cui Justin metteva in scena quell’omicidio che poi si è effettivamente realizzato nelle stesse modalità. E quando gli effetti negativi del trattamento si erano fatti sentire, l’onesto dottore aveva chiesto al grande uomo calvo di mettere fine alla cura con una bella amnesia temporanea.

Per quanto meritasse una condanna anche solo per la sua stupidità, il grande scienziato non è l’assassino. Si dice che i moventi maggiori di un omicidio siano passione, denaro e vendetta e anche questa volta rientriamo nella norma. Ad uccidere Justin è infatti stata la regista del suo spettacolo teatrale che, conoscendo i dettagli del progetto della società, aveva colto l’occasione perfetta per vendicarsi di questo gruppo di folli che con i loro trattamenti avevano causato la morte di suo fratello.

Famiglia Work in Progress

Episodio originale l’ultimo andato in onda ma anche episodio di graditi ritorni e sapete tutti a chi mi riferisco … al simpaticissimo dott. Holloway!!! Che bello ritrovarlo, ricordo ancora come guardava, quasi spaventato, Castle la prima volta che l’ha conosciuto! Ritorniamo seri però e per quanto ribadisco che rivedere lo psicologo mi abbia fatto sorridere, è di Alexis che voglio davvero parlare.

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Ditemi quello che volete ma quando torna Alexis, anche se come sempre solo per poco tempo, io sono contenta perché adoro vedere Castle & Beckett insieme non soltanto come coppia ma anche come famiglia, quella famiglia che si sta costruendo nel tempo, work in progress appunto. E nel momento in cui Beckett entrerà a far parte della tribù dei Castle, dovrà anche consolidare il rapporto con il componente della famiglia che ha ereditato tutta la saggezza dell’albero genealogico.

Avevamo lasciato Alexis sul punto di rivoluzionare la sua vita, ricominciando tutto dall’inizio, senza Pi (che ancora non ho capito a cosa servisse) e con un rapporto ancora un po’ strano con suo padre. E dato che Kate è la donna dei dubbi, inizia a pensare che in qualche modo lei possa la causa di quest’ambiguità. Avvisatela per favore che tutti i mali del mondo non avvengono per colpa sua!

Scherzi a parte però, il confronto tra Beckett e Alexis è davvero magnifico perché per la prima volta Alexis sembra perdere quella sicurezza che da sempre la caratterizza e si ritrova sola in quel mondo d’indipendenza per cui ha tanto lottato ma Kate è lì con lei ad aiutarla mentre affronta i suoi dubbi e l’accompagna verso la scelta più giusta come solo una buona amica saprebbe fare.

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È questo ciò che più amo del rapporto tra Kate e Alexis, Beckett sta diventando per lei un punto di riferimento, non una sorta di madre surrogato perché è chiaro che Alexis ha ormai superato la fase in cui poteva averne bisogno ma semplicemente è una persona che ha reso felice suo padre e che fortunatamente nello stesso tempo, sarà sempre disponibile per aiutarla a diventare donna.

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Io vi lascio ora dandovi appuntamento al prossimo episodio, sempre se sopravviviamo a tutto ciò che succederà!

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Occasionale inquilina del TARDIS e abitante in pianta stabile di un Diner americano che viaggia nel tempo e nello spazio, oscilla con regolarità tra Stati Uniti e Gran Bretagna, eternamente leale alla sua regina Victoria e parte integrante della comunità di Chicago, tra vigili del fuoco (#51), squadre speciali di polizia e staff ospedalieri. Difensore degli eroi nell’ombra e dei personaggi incompresi e detestati dalla maggioranza, appassionata di ship destinate ad affondare e comandante di un esercito di Brotp da proteggere a costo della vita, è pronta a guidare la Resistenza contro i totalitarismi in questo universo e in quelli paralleli (anche se innamorata del nemico …), tra un volo a National City e una missione sullo Zephyr One. Accumulatrice seriale di episodi arretrati, cacciatrice di pilot e archeologa del Whedonverse, scrive sempre e con passione ma meglio quando l’ispirazione colpisce davvero (seppure la sua Musa somigli troppo a Jessica Jones quindi non è facile trovarla di buon umore). Pusher ufficiale di serie tv, stalker innocua all’occorrenza, se la cercate, la trovate quasi certamente al Molly’s mentre cerca di convertire la gente al Colemanismo.

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